
Mai nella storia le donne hanno fatto a meno di trucchi e cosmetici. Nell’antico Egitto sottolineavano gli occhi con il kohl, a Roma si tingevano i capelli di biondo e dal Rinascimento in poi tutte si schiarivano la pelle del viso con la biacca, disegnando le vene con matite d’alabastro.
Non c’è epoca della storia in cui uomini e donne non si siano scrutati allo specchio e non abbiano cercato, con trucchi e artifici, di apparire più belli e più giovane. L’ossessione per la bellezza non è una caratteristica delle società occidentali post moderne, come molti credono, ma piuttosto sembra inscritta nel nostro Dna.
Occhi neri
Nell’antico Egitto, le donne curavano la propria bellezza con profumi, oli, essenze e unguenti accuratamente conservati in preziosi vasetti. Lo face-vano tutte, senza distinzioni di censo: i cosmetici erano infatti considerati generi di prima necessità.
I sacerdoti esperti nelle scienze mediche e farmaceutiche, erano i depositari di numerose ricette e alcune ci sono pervenute nel più antico documento di medicina e cosmesi giunto sino a
Le labbra venivano colorate con un rossetto ricavato dalla mescola di ocra rossa con grasso di bue, di pecora o di oca. Durante l’Antico Regno, il contorno degli occhi era sottolineato con la malachite, un ossido di rame di colore verde chiaro; nel Medio Regno, invece, si utilizzò di preferenza il kohl, una specie di collirio a base di galena, minerale del piombo di colore nero, che non solo proteggeva dal sole, dalla sabbia e dal vento, ma curava le oftalmie e regalava uno sguardo intenso e seducente. Per ammorbidire e mantenere elastica la pelle del viso e del corpo, oltre che per proteggerla dal sole, le donne usavano oli vegetali; i più utilizzati erano il balanos, prodotto con i noccioli dei frutti della Balanites aegyptiaca, detta anche “dattero del deserto”, e l’olio estratto dalla noce della moringa, che non irrancidiva facilmente e veniva unito a olio d’oliva e di mandorle. La crema-peeling dall’effetto abrasivo e levigante si otteneva invece aggiungendo alla polvere d’alabastro del carbonato di soda, un po’ di sale marino e miele. Non mancavano neppure i rimedi specifici per con combattere rughe e linee d’espressione: il più diffuso era a base di gomma polverizzata miscelata ad acqua di palude, da stendere ogni giorno sul viso lavato.
Bionde a tutti i costi
Già nell’antica Roma le matrone dai colori mediterranei al tlavano tingersi i capelli utilizzando varie misture che consentivano di avere riflessi biondi o rossastri. Non mancavano neanche le tinture nere, che miscelavano antimonio e grasso di pecora e permettevano di coprire i primi capelli bianchi. Anche nel Rinascimento la donna doveva essere “bionda quale oro, relucente” e con i capelli “longi fino ai piedi”. La tintura più in voga mescolava zolfo, allume, limone e miele: veniva applicata in testa e lasciata in posa sotto il sole. Poiché, però, non si voleva abbronzare il volto, in Italia s’inventò uno speciale copricapo, che lasciava la nuca e i capelli scoperti, ma riparava tutto il viso dagli odiati raggi. Infine, le donne della Repubblica Serenissima custodivano la ricetta della tintura più efficace, capace di garantire ai capelli maggiore naturalezza e riflessi d’oro: una miscela a base di fiori di lupino, salnitro e zafferano.
Creme a base di miele
Una studiosa italiana, Patrizia Tunini, ha studiato le ricette cosmetiche elaborate da Trotula, nata attorno al 1050 e divenuta celebre sia come una delle donne più belle del suo tempo sia come membro della Scuola Medica Salernitana. Trotula scrisse un libretto (De Ornatu) per insegnare alle donne come eliminare le rughe e i peli superflui, sbiancare i denti, mantenere una pelle perfetta, ridurre le borse sotto gli occhi e le screpolature, truccare il viso e tingere i capelli.
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