
Storia e segreti di un’antichissima area dei fori di Roma aperta solo di recente. Ci siamo stati in anteprima assoluta. Sono 2.768 gli anni trascorsi dalla fondazione di Roma.
Gli splendidi fori imperiali ne sono il simbolo. Qui si svolgeva la parte più importante della vita della città. La strada più antica di Roma era la Via Sacra, destinata alle celebrazioni. Il suo percorso inizia nei pressi dell’Arco di Tito. Racconta lo storico Appiano da Alessandria che il nome le è stato dato in occasione della pace siglata da Tito Tazio con Romolo a conclusione della guerra causata dal ratto delle Sabine, poco dopo la fondazione di Roma. Storici e archeologi ancora non sono perfettamente concordi sul tracciato esatto della strada.
Da soldati a martiri
Nei fori di recente è stato aperto al pubblico un luogo estremamente importante, che racconta una storia sin qui poco conosciuta. È venuto alla luce nel 1900 quando un archeologo e architetto illuminato, Giacomo Boni, ha deciso di far abbattere una chiesa secentesca in abbandono – si chiamava Santa Maria liberatrice – che era stata costruita proprio nei fori. L’ha fatto per restituire all’area il suo aspetto originario. La rampa imperiale permetteva agli imperatori di scendere al foro dal colle Palatino. “È un luogo decisamente magico oltre che gigantesco”, spiega l’architetto Claudia Del Monti, responsabile del Foro romano per la Soprintendenza archeologica. Prima di arrivare al percorso della rampa, nel settore sud-orientale del foro, si accede a quella che era la stazione di guardia. “Siamo nel I secolo dopo Cristo con l’imperatore Domiziano che costruisce tutto questo grande settore monumentale gigantesco che doveva essere un ampliamento del palazzo imperiale”, aggiunge l’architetto Del Monti.
In questo ambiente ci sono affreschi che raccontano la storia dei quaranta martiri di Sebaste. Erano soldati della XII Legio Fulminata che si sono rifiutati di abiurare la religione cristiana come era richiesto all’epoca dell’imperatore che doveva essere adorato come il dio in terra. Per questo vengono condannati al martirio: morire congelati dentro le acque di un lago gelido che si trovava nei pressi della città turca di Sebaste. Per questo in uno degli affreschi sono raffigurati senza vestiti.
Tra i personaggi se ne nota uno che esce dalle acque: “È l’apostata”, spiega l’architetto della Soprintendenza. “Ha paura di morire, esce dalle acque de’ lago ed entra in una cabina, un calidarium, predisposto proprio per indurre in tentazione i martiri. Tuttavia accusa un malore muore”. Le vittime del martirio così, diventano trentanove. Ma la Provvidenza divina è tale chi esce il sole e una delle guardi che erano lì a sorvegliare i con dannati si converte, si spoglia, o entra nelle acque gelide del lago. Così i martiri tornano a esser quaranta. In un’altra parete del la stazione di guardia sono rappresentati con l’aureola, simbolo della loro canonizzazione. Sono disposti ai lati della figura del Cristo, in posizione centrale.
La rampa imperiale
Dall’Oratorio dei quaranta martiri si arriva alla strada dell’imperatore. Una volta dentro, si notano subito le volte molto alte e alcuni ambienti laterali: “Hanno anche un valore strutturale’; spiega l’architetto Del Monti. “Tutta la rampa, che sale fino al Palatino, segue l’andamento della pendice del colle. Era soprattutto un percorso controllato. Qui c’era la stazione di guardia e la guardia dell’imperatore che, quindi, badava alla sua incolumità. Era un posto estremamente sorvegliato’. Dopo aver percorso la strada, si arriva a una sorta di balconata da cui si domina tutto il foro. Ma la rampa non finiva dove termina oggi: c’erano ancora altri tre tratti in salita che arrivavano fino al palazzo dell’imperatore. Uno spettacolo mozzafiato.
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